Un muro anti immigrati. In Europa. Nel 2015. Lungo 175 chilometri, alto 4 metri. Ha deciso di costruirlo l’Ungheria, che pure dell’orrore dei muri, per storia qualcosa dovrebbe sapere. E invece il paese governato dalla destra di Viktor Orban viene annunciato “un muro ai confini con la Serbia per tenere fuori i migranti”. Mentre da Londra il premier David Cameron promette uomini e soldi, ma non quote, per aiutare l’Italia a contenere l’emergenza migranti in Sicilia.
Il ministro degli esteri afferma: “L’immigrazione è uno dei problemi più seri che l’Unione Europea si trova ad affrontare.(…)L’Ungheria non può permettersi di aspettare oltre”.
Cameron invece si barrica con parole rassicuranti. Intervenuto dopo un bilaterale a Expo 2015 con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dice: “C’è bisogno di un approccio globale, ci vuole un nuovo governo in Libia che dia la caccia alle gang criminali, un approccio globale per lavorare con voi, con i vostri servizi di intelligence in Sicilia, dove noi metteremo gente e risorse per cercare di rompere il collegamento” fra immigrati e scafisti. A patto che non si parli di quote.
Renzi si lascia convincere, dice che tra Italia e Gran Bretagna “c’è condivisione” sul fatto che quello dei migranti “non è un problema solo italiano”. Ma ci sono “posizioni diverse sulle scelte da adottare e che adotteremo nel prossimo Consiglio europeo”.
Improvvisamente, nel frattempo, con buona pace di Salvini & “compagni” razzisti vari, i famigerati hotel a 5 stelle si sono trasformati negli umidi scogli del lungomare di Ventimiglia.
L’Unione Europea per adesso è simboleggiata da ciò: il muro ungherese e le camionette della CRS(Compagnies Républicaines de Sécurité ) che chiudono confini che credevamo ormai di fatto inesistenti.
Ma cominciamo col mettere i fatti in fila.
Dopo l’ennesima strage di migranti e nei deliri più o meno istituzionali su avventure militari neocoloniali in Libia(per approfondire ciò si leggano gli articoli dei due numeri precedenti di UN), sono continuati i salvataggi in alto mare di imbarcazioni in difficoltà con numerosi migranti a bordo. Intanto, per motivi che apparentemente esulano dalla questione migranti, incominciano le sospensioni di Schengen: Austria e Germania, in occasione della riunione del G7 del 7-8 giugno in Baviera, ripristinano i controlli alla frontiera per limitare l’“invasione antagonista”. I migranti sono i primi a farne le spese, bloccati al Brennero e rispediti indietro a Bolzano dove si ammassano.
Qui entra in gioco una questione non di second’ordine: il Trattato di Dublino. I migranti richiedenti asilo, se registrati in un paese, lì devono restare, non possono richiederlo in nessun altro paese, e non possono spostarsi liberamente nell’Unione Europea in attesa del responso delle onnipotenti commissioni.
Sulla base di ciò, e asserendo che l’Italia non rispetta il Trattato, la Francia ha deciso di chiudere la frontiera a Ventimiglia. Si tratta tutto di un gioco fra stati: l’Italia aveva proposto in sede UE la soluzione delle quote migranti, respinta decisamente da Francia e Regno Unito(da qui la netta posizione di Cameron negli eventi successivi). L’Italia incentivava comunque i migranti a passare la frontiera come mezzo di pressione verso la Francia, che ha deciso di mostrare i muscoli.
Non mi dilungherò sulle strategie italiane ed europee soprattutto in rapporto al succitato possibile intervento militare (http://www.umanitanova.org/2015/06/19/gli-stalker-della-libia/ e http://www.umanitanova.org/2015/06/10/venti-di-guerra-sulla-libia/).
Il dato da registrare è: questo è il più imponente spostamento di massa di popolazioni dal secondo dopoguerra ad oggi.
Rapporto annuale di Amnesty International (fonte:http://www.internazionale.it/notizie/2015/06/15/amnesty-rifugiati-rapporto-riassunto):
“Siria. Più di quattro milioni di rifugiati sono scappati dalla Siria dall’inizio del conflitto nel 2011 e il 95 per cento di loro si trova tra Turchia, Giordania, Libano, Iraq e Egitto. “Il mondo non può più stare a guardare mentre i paesi come il Libano e la Turchia assumono questi oneri enormi. Nessun paese dovrebbe essere lasciato solo ad affrontare una massiccia emergenza umanitaria con così pochi aiuti da parte degli altri stati, solo per il fatto di condividere un confine con un paese in conflitto”, denuncia il rapporto.
Mediterraneo. Il mar Mediterraneo è la via più pericolosa in assoluto per i profughi. Nel 2014, 219mila migranti hanno attraversato quel tratto di mare e 3.500 di loro sono morti. Nell’ultimo anno le autorità italiane hanno soccorso 170mila persone. Amnesty international ha criticato inoltre la scelta di sostituire l’operazione Mare Nostrum con Triton, molto meno efficace nel salvataggio dei migranti, sia per il numero limitato di navi che per la riduzione dell’area di intervento. Secondo Amnesty, questo ha contribuito all’aumento dei naufragi: 1.865 morti nei primi cinque mesi del 2015, contro i 425 registrati nello stesso periodo dell’anno precedente.
Africa subsahariana. Più di tre milioni sono i profughi dell’area dell’Africa subsahariana. I conflitti e le crisi nella regione hanno portato a un afflusso di rifugiati verso i paesi vicini, molti dei quali già ospitano decine di migliaia di persone provenienti dalla Somalia, il Sudan, l’Eritrea e l’Etiopia. In seguito al conflitto scoppiato nel Sud Sudan nel mese di dicembre 2013, più di 550mila persone sono state costrette a lasciare le proprie case e la maggior parte di loro si trova ora in Etiopia, Sudan, Kenya e Uganda.
Sudest asiatico. Nel primo trimestre del 2015, l’Unhcr ha riferito che circa 25mila persone, tra rohingya e bangladesi, hanno tentato di attraversare su barconi il golfo del Bengala. Il doppio rispetto allo stesso periodo del 2014. Nel mese di maggio, Indonesia, Malesia e Thailandia hanno respinto imbarcazioni con a bordo centinaia di profughi. Trecento di loro sono morti in mare nei primi tre mesi del 2015 a causa di “fame, disidratazione e abusi da parte di equipaggi delle barche”. Il 20 maggio l’Indonesia e la Malesia hanno annunciato che avrebbero fornito “accoglienza temporanea” a un massimo di 7.000 persone per un anno, a patto che la comunità internazionale li avesse aiutati con il rimpatrio o il reinsediamento dei migranti.”
Al netto della situazione siriana, in assoluto la principale emergenza umanitaria in atto, coloro che seguono la direttrice del Canale di Sicilia sono sostanzialmente uguali anno per anno, con un picco nei mesi della primavera-estate per le migliori condizioni marittime.
Dunque, è un problema di “invasione”, o l’emergenza migranti è frutto di scelte politiche sbagliate?
L’Italia, per il livello di assistenza ai rifugiati e per la xenofobia se non il vero e proprio razzismo imperante, tutto è tranne che il paese preferito come meta. E le percentuali mettono altri in paesi in prima fila come Germania, Francia, Regno Unito e paesi scandinavi.
Per coloro che arrivano in condizioni di fortuna, ciò si scontra col fatto che le direttrici passino per l’Italia e per la Grecia, altro paese non considerato per ovvi motivi, e in misura minore per la Spagna attraverso Ceuta e Melilla.
L’ingolfamento di richiedenti asilo che si viene a creare nei terminali europei delle vie di migrazione nel Mediterraneo così cozza terribilmente con le percentuali di stranieri residenti, il tutto a causa del regolamento siglato a Dublino.
Basterebbe rimanere in un ottica riformista per rendere più razionale la situazione: status di rifugiato riconosciuto in tutta l’UE, libertà di movimento, e via di transito globali sicure per i profughi.
Invece frontiere bloccate e repressione transnazionale: a Roma il sindaco Marino fa sgomberare le baracche di Ponte Mammolo divenute punto di riferimento dei migranti in transito per Roma, i quali si ammassano alla Stazione Tiburtina, da cui vengono più volte sgomberati. Alla fine la Croce Rossa apre un campo profughi temporaneo e altre strutture(inadeguate a gestire i numeri) si attivano tra mille difficoltà, con i numeri che crescono per il ritorno dei profughi imbarcati sui treni a Ventimiglia dopo essere stati anche lì sgomberati.
Stesse scene alla Stazione Centrale di Milano, con annessi deliri legalitaristi e “decoritari” del sindaco Pisapia.
Domenica 21 giugno, durante l’incontro ai margini della visita di Francois Hollande all’Expo, questi e Matteo Renzi si dichiarano pronti a collaborare, con responsabilità rispettando sia le regole che le persone. Bella sfida, quando le prime sono fatte contro le seconde.
(P.S. L’articolo si è focalizzato sulla questione rifugiati e richiedenti asilo, dimenticandosi forse troppo che per i migranti cosidetti “clandestini” rimane in piedi l’infame Bossi-Fini, la reclusione nei CIE e le norme più retrive del “Pacchetto Sicurezza” Maroni).
(P.S.2. Sembra che l’Italia abbia deciso la strategia da adottare: si ai profughi, no ai migranti irregolari: dalle nostre parti ci si domanda ancora, al di là della demagogia, cosa voglia dire questa frase e come si riesca a distinguere tra le due categorie, semmai poi avesse senso fare distinzioni sulla pelle di chi cerca un futuro al di là del Mediterraneo.)
Elimo Ribelle